Ricordando l'aspetto patriarcale del Dio del Vecchio testamento da me precedentemente citato riguardo al giudizio, e rifiutato da Gesù quando invita a non giudicare, costituisce per Paolo addirittura il centro di tutta la sua predicazione del cristianesimo. Si tratta certo di un cambiamento sorprendente. Ora, ciò che Paolo presenta con la denominazione complessiva di grazia, è naturalmente il suo modo personale di comprendere Gesù, improntato e colorito dai presupposti suoi personali ed obiettivi: Senza voler recare pregiudizio all'importanza di Paolo, a questo proposito si deve chiaramente stabilire che gli scritti paolini sono pertanto il suo commento all'evento gesuanico. Il passo fatale e senz'altro anche infausto dei primi credenti fu però quello di dichiarare il commento Sacra Scrittura e di canonizzarlo. Così qualsiasi differenza tra Vangelo e commento paolino andò totalmente perduta. Vangelo e commento vennero livellati, l'uno era determinante e sacro come l'altro. Si ripete qui il processo di armonizzazione già da me descritto: là si trattava di Antico e Nuovo Testamento, qui di Paolo e dei Vangeli.
La successiva evoluzione del cristianesimo in occidente ha ancora accentuato in modo estremo il carattere fatale si questo passo. Ciò è vero in particolare per il protestantesimo, per il quale, a partire dalla Riforma, l'interpretazione paolina è divenuta il centro determinante di ogni annuncio evangelico. Non è esagerato affermare che qui Paolo ha addirittura superato i vangeli.