Essendo il più antico degli dèi e il creatore del mondo e di tutte le cose, personificazione della sorgente stessa del tutto (il "totalmente Altro"), Odino è il signore della sapienza, conoscitore delle essenze più antiche e profonde. Egli conosce per primo tutte le arti e in seguito gli uomini le hanno da lui apprese. Tra i molti epiteti di Odino, parecchi si riferiscono alla sua immensa sapienza: Fjǫlnsviðr ("assai sapiente"), Fjǫlnir("assai"), Sanngetall ("che intuisce il vero"), Saðr o Sannr ("che dice il vero"), Forni ("antico") e Fornǫlvir ("antico sacerdote"), cioè conoscitore di tutte le cose dal principio.

La sapienza di Odino è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l'ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell'universo.

Odino ama disputare con creature antiche e sapienti. Sotto le mentite spoglie di Gágnraðr ("stanco del cammino") si giocò la vita sfidando a una gara di sapienza il possente gigante Vafþrúðnir, la cui erudizione era rinomata in tutti i Nove Mondi, e dopo una serie di domande sul passato, il presente e il futuro del mondo, a cui il gigante rispose prontamente, Gágnraðr domandò allora che cosa avesse sussurrato il dio Odino a Baldr prima che questi fosse posto sulla pira. Vafþrúðnir a questo punto lo riconobbe, ma aveva ormai perso la gara.

Un'altra volta, dicendo di chiamarsi Gestumblindi ("l'ospite cieco"), il dio sfidò un re di nome Heiðrekr ad una gara di indovinelli. Dopo una serie di quesiti a cui il re rispose senza difficoltà, Odino gli pose la medesima domanda che già aveva posto a Vafþrúðnir. A quella domanda il re cercò di ucciderlo, ma il dio gli sfuggì trasformandosi in falco.
Odino osserva il corpo decapitato di Mímir. Illustrazione per il carme Sigrdrífomál nell'edizione svedese dell'Edda poetica curata da Fredrik Sander.

Odino tiene accanto a sé la testa recisa[5] di Mímir, fonte inesauribile di conoscenza che gli rivela molte notizie dagli altri mondi (Vǫluspá 45). In un'altra versione (Vǫluspá 28) dello stesso motivo mitologico, Odino si cava un occhio e lo offre in pegno a Mímir per attingere un sorso di idromele da Mímisbrunnr, la fonte della saggezza che il gigante custodisce. L'occhio di Odino rimane, quindi, nella fontana dalla quale lo stesso Mímir ne beve ogni giorno l'idromele.[6] Da quella mutilazione derivano gli epiteti di Bileygr ("guercio") e Báleygr ("occhio fiammeggiante").

Così nella Vǫluspá:
(NON)

« Ein sat hon úti,
þás enn aldni kom
yggiungr ása
ok í augu leit.
- Hvers fregnið mik?
hví freistið mín?
Alt veitk, Óðinn,
hvar auga falt
í enum mæra
Mímis brunni -;
drekkr miǫð Mímir
morgin hverian
af veði Valfǫðrs.
Vituð ég enn eða hvat? »
(IT)

« Sola sedeva di fuori
quando il vecchio giunse
Yggiungr degli Æsir
e la fissò negli occhi.
- Che cosa mi chiedete?
Perché mi mettete alla prova?
Tutto io so, Odino,
dove tu nascondesti l'occhio
nella famosa
Mímisbrunnr! -
Mímir beve idromele
ogni mattino
dal pegno pagato da Valfǫðr.
Che altro tu sai? »